Bossi e i suoi sentono puzza di bruciato - quella stessa “puzza” che probabilmente sentono anche i vari Casini, Vendola, Di Pietro, Ferrero etc.. - e non mollano.
La Lega si oppone con tutte le sue forze al tentativo di accorpare le elezioni europee e amministrative del 7 giugno con il referendum promosso da Segni.
E’ incostituzionale, tuona il senatur! Ci prova, allora, il Pdl del Cavaliere a mediare e a proporre il “mini-accorpamento”: referendum il 21 giugno insieme ai ballottaggi.
Una proposta che servirebbe a risparmiare soldi, considerata l’emergenza terremoto e la grave crisi economica in cui versa il paese, ma soprattutto a cercare un compromesso per tenere in pugno lo “scomodo”, ma indispensabile alleato di ieri, di oggi e si spera, referendum permettendo, non di domani.
Non è infatti una questione di soldi quella dell’election day. Del resto se ne sprecano talmente tanti di soldi per sospingere in qualche modo la costosissima macchina dello Stato - che qualcuno vorrebbe addirittura trasformare in una ancora più costosa Ferrari - che milione di euro in più o in meno poco cambiano per le disastrate “casse” di Via XX Settembre.
La questione è un’altra: se il referendum si vota insieme alle europee e alle amministrative il 7 giugno, molto probabilmente si riesce a raggiungere il quorum e quindi i referendari hanno la speranza di far vincere il “SI” all’abrogazione di una parte della legge elettorale vigente.
Se invece il referendum si vota da solo o anche il 21 giugno sarebbe difficile raggiungere il quorum.
Ecco perché alla Lega, partito sfavorito dall’eventuale vittoria dei referendari, interessa che la tornata elettorale naufraghi in un nulla di fatto.
Il Pdl di Berlusconi e il Pd di Franceschini sarebbero invece favoriti dalla vittoria del “SI” che, lo ricordiamo, consegnerebbe il premio di maggioranza al partito più votato dagli elettori e quindi legittimato a governare senza “alleati”.
Altro che emergenza terremoto, altro che risparmi da destinare all’Abruzzo o ai cassintegrati: i partitini, come la Lega, temono che il referendum Segni&Guzzetta sancisca ben altro crollo: il crollo della loro “casa”.