Tratto da : AgoraVox.it (Marina Bernabei)
Giacomo Brodolini. Ai più forse questo nome non dice nulla, ma dietro di esso si cela l’impegno profuso da un uomo per la realizzazione dello Statuto dei lavoratori. Il battibecco non certo edificante tra la conduttrice Daria Bignardi e il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, nella puntata della trasmissione “L’Era Glaciale” andata in onda il 24 aprile, è sintomatico del fatto che purtroppo c’è poca memoria storica verso quei personaggi che hanno segnato con la loro azione politica delle tappe fondamentali per il raggiungimento di maggiori tutele e libertà per i lavoratori italiani.
Sulla querelle televisiva non intendo soffermarmi, in quanto ritengo più utile far conoscere a grandi linee, a chi ne fosse ignaro, l’operato di Giacomo Brodolini, tenendo però sempre presente che la legge 300 non può essere ricondotta all’azione di un singolo. Lo Statuto dei lavoratori, infatti, dalla sua prima formulazione nel 1952 ad opera di Giuseppe Di Vittorio nel III congresso della Cgil alla sua definitiva approvazione nel maggio del 1970, ha una lunga genesi e il suo compimento non può prescindere da una valutazione dell’evoluzione degli orientamenti e delle posizioni dei governi e delle parti sociali in linea con il mutare del panorama economico, politico e sociale.
Esponente del Psi, Giacomo Brodolini fu nominato, nel dicembre del 1968, ministro del Lavoro nel primo governo Rumor. Egli aveva alle spalle una lunga esperienza sindacale e politica. Il suo spiccato interesse per il mondo del lavoro lo aveva portato ad impegnarsi in prima persona sul fronte sindacale: nel 1950 era stato eletto segretario nazionale della Federazione dei lavoratori edili della CGIL e nel 1955 era divenuto vicesegretario della CGIL, mandato rivestito fino al 1960. Oltre alla carriera propriamente parlamentare (deputato dal 1953 fino al 1968 quando era divenuto senatore), egli ricoprì anche importanti incarichi all’interno del suo partito, divenendone vicesegretario dal 1963 al 1966, ruolo mantenuto anche nel Partito socialista unificato nel 1968.
L’operato di Giacomo Brodolini deve essere considerato alla luce di un contesto politico più ampio. Il riconoscimento giuridico dei diritti e delle libertà dei lavoratori all’interno delle fabbriche aveva costituito uno dei punti qualificanti dell’ingresso dei socialisti nel governo Moro del dicembre 1963 e un obiettivo programmatico irrinunciabile per dare significato alla presenza nell’esecutivo del Psi, preoccupato di perdere consenso tra le masse lavoratrici. La mancata realizzazione dello Statuto nel periodo compreso tra il 1963 e il 1968, nonostante esso permanesse nei programmi governativi, era dovuta alla posizione attendista assunta dalla maggioranza parlamentare nei confronti dell’applicazione delle riforme a seguito di un peggioramento della congiuntura economica. A non favorire azioni concrete per un intervento legislativo, vi era stata anche la forte opposizione della Confindustria, ma soprattutto la divisione dei sindacati al riguardo: alla convinta posizione favorevole della Cgil si era contrapposta la contrarietà della Cisl e l’attendismo della Uil. Dall’estate del 1968 al maggio del 1970 non fu più in discussione la realizzazione della legge, ma i suoi contenuti. Il contesto sociale che accompagnò la discussione parlamentare sullo Statuto e l’elaborazione di un disegno di legge al riguardo spinse verso questa soluzione. Le lotte dei lavoratori condotte tra il 1968 e il 1969 espressero tensioni sociali acute che crearono uno stato di disagio nei sindacati, nel governo e nei partiti.
In questo nuovo quadro, si inserì l’azione di Brodolini. Il 4 gennaio 1969, appena nominato ministro del Lavoro, egli si recò ad Avola per esprimere solidarietà ai braccianti in lotta, alla luce dell’uccisione di due lavoratori e al ferimento di sette da parte della polizia nella manifestazione del 3 dicembre 1968. Nel discorso pronunciato nel palazzo comunale della città siciliana, che venne considerato una sorta di manifesto programmatico del suo impegno ministeriale, si riferì allo Statuto come uno degli strumenti indispensabili per il miglioramento della condizione dei lavoratori, facendolo diventare uno dei punti qualificanti della sua azione.
Il progetto di uno Statuto dei lavoratori, però, si scontrava con varie resistenze: oltre all’opposizione della Confindustria e alle remore dello schieramento moderato della coalizione di governo, era necessario superare le riluttanze all’interno di alcuni settori dello stesso movimento sindacale, in particolar modo della Cisl, ostile per principio ad ogni intervento legislativo. Il suo lavoro seguì un duplice binario: da una parte egli si prodigò nell’elaborazione di un disegno di legge governativo in materia di tutela della libertà e della dignità dei lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro, dall’altra egli avviò un costante dialogo con i sindacati, conscio che non si potesse prescindere dall’assenso, seppur condizionato, di essi per il successo della sua impresa. Egli non partecipò all’avvio della discussione parlamentare; le sue già precarie condizioni di salute peggiorarono e morì nel luglio del 1969. Ci furono ulteriori passaggi delicati e resistenze prima dell’approvazione definitiva, il 20 maggio del 1970, della legge 300, ma Giacomo Brodolini ebbe un ruolo fondamentale nel processo che portò alla realizzazione di uno Statuto dei lavoratori.
Tanti saluti. G