Donne nude e foto osé creano imbarazzo tra gli organizzatori
SILVIA FRANCIA
TORINO
Bondage, sadomaso e feticismo alla Fiera del Libro? Forse non è proprio consueto, ma al giorno d’oggi chi si scandalizza più per qualche libro con illustrazioni di donne nude legate come salami oppure riprese in pose più invitanti che plastiche?
E chi fa caso se il tipico frustino inglese da punizione erotica fa capolino, in molti esemplari, tra un volume e un bel rotolo di corda pronta per l’uso? Invece il «caso» si è creato davvero ed è pure lievitato per benino, ieri al Lingotto. E non perché lo stand F30 del padiglione 2, pannellatissimo di foto sexy e farcito di copertine esplicite, sta giusto di fronte al Comics & Animation Point che da oggi sarà gremito di bimbi e ragazzini.
Il motivo del contendere, piuttosto, si concentra sul marchio dell’espositore, «Carpediem». Stesso nome di uno sexy shop, ben noto ai torinesi per le pubblicità su giornali e riviste oltre che, in passato, per gli spot televisivi dai contenuti poco castigati, su emittenti locali in orari «a fascia protetta». Il problema è che non si tratta di un caso di omonimia: dal momento che è proprio il proprietario del piccante negozio di via Marco Polo ad aver affittato lo spazio, con l’esplicito e dichiarato intento di «farsi pubblicità».
Lo spiegava senza giri di parole, Ela Placido, ieri pomeriggio, mentre sistemava sugli scaffali alcune copie del volume «The bondage clinic». «Nel negozio, che è di mio marito, Saverio Ceretto Castigliano, vendiamo articoli di genere diversissimo, tutti legati al sesso e all’erotismo. Tra l’altro, abbiamo pure questi bei libri, pubblicati dall’editore Glittering Images e abbiamo pensato di portarli al salone anche per far conoscere il nostro “Carpediem”, che è un vero e proprio fetish shop. Non si dica porno shop, però, per carità: è una terminologia antiquata che nessuno usa più». «Tra l’altro - ha aggiunto candidamente - ci piacerebbe pure esporre, non in vendita, qualcosa del nostro repertorio. Ovviamente del genere più soft, come le scarpe a tacco altissimo o i frustini o altri oggetti ancora, ma in versione design, giusto per fare atmosfera».
Un’idea che si presume archiviata, dopo l’intervento d’urgenza dello staff organizzatore di Librolandia che, accortosi della gaffe, è corso ai ripari al suono de «Un porno-shop in Fiera? Ma scherziamo?». Per scongiurare lo «scandalo», si è lavorato di lessico e denominazioni, com’è (forse) logico nel tempio della parola. Banditi il «porno» e il «sexy», è rimasto il più accettabile «fetish», come qualifica del negozio, mentre la disputa si è spostata sull’insegna dello stand, che registrava un solo, inequivocabile marchio, «Carpediem». Dopo una fitta contrattazione, e dopo che la proposta di sostituirlo con l’innocuo «Glittering Images Editore» è stata respinta con fermezza da Ela Placido, si è giunti a un compromesso. Ovvero la doppia denominazione, che sembra aver placato gli animi. E sdoganato immagini esplicite, manette, collari e affini.