di Stefano Castriota e Marco Delmastro
Il settore vitivinicolo è uno dei più importanti e dinamici dell'economia italiana. Ma l'Unione Europea sta per varare un'importante riforma che modifica il sistema di classificazione dei vini, con un appiattimento dei livelli di qualità. Rischia così di danneggiare le cantine italiane, che negli anni sono riuscite a consolidare il loro prestigio mondiale grazie all'interazione di sistema istituzionale di classificazione e reputazione collettiva della specifica denominazione. Ad avvantaggiarsene saranno invece i grandi gruppi internazionali.
Il settore vinicolo italiano ha raggiunto negli ultimi anni una dimensione imponente. L’Italia è infatti il primo produttore ed esportatore di vini al mondo per quantità e il secondo per valore, dopo la Francia. Le aziende del settore sono oltre 700mila e il fatturato è stato, nel 2007, di 8,3 miliardi di euro, a cui bisogna aggiungere quello di un esteso indotto: macchinari, editoria, turismo enogastronomico e così via. (1) Tuttavia, il quadro non è del tutto roseo: mentre cresce la competizione internazionale, nei paesi mediterranei si registra un calo dei consumi pro capite di vino e, più in generale, una evoluzione dei gusti dei consumatori. (2)
LE DENOMINAZIONI DI OGGI
Un elemento centrale del settore vinicolo è il sistema delle denominazioni, in Italia spesso giudicato “tout court” inefficiente. Ma un nostro recente studio mostra che la reputazione internazionale delle case vinicole ne è significativamente influenzata. (3) Per un’azienda italiana, la probabilità di acquisire una reputazione internazionale passa dal 5 per cento a circa il 20 per cento quando l’impresa produce almeno un vino appartenente alla categoria Docg. (4)
Ma vi è di più: l’appartenenza di una cantina a una prestigiosa denominazione di origine, per esempio Barolo, incide in modo sensibile sul successo internazionale. Alcuni consorzi di viticoltori sono riusciti nel tempo, anche grazie all’adozione e al rispetto di rigidi disciplinari, a costruire una solida reputazione collettiva, che influisce sul prestigio della singola azienda. In sostanza, sia il sistema istituzionale di classificazione (Docg, Doc, Igt e vini da tavola) che la reputazione collettiva della specifica denominazione (Barolo e altri) hanno un notevole impatto sulla performance del settore vinicolo nazionale.
La presenza di un sistema efficiente di classificazione è importante non tanto per paesi come Stati Uniti e Australia, in cui pochi e ben noti colossi dominano il mercato, quanto piuttosto per produttori come l’Italia in cui la proprietà terriera è estremamente frammentata e dispersa tra una miriade di piccole e medie imprese, che trovano nelle denominazioni un valido sostegno per farsi conoscere dal consumatore italiano e soprattutto da quello internazionale. (5)
...E QUELLE DI DOMANI
Negli ultimi tempi, tuttavia, il sistema di classificazione dei vini è stato criticato (in alcuni casi non senza ragioni) e se ne è invocata una riforma migliorativa. L’iniziativa è stata intrapresa a livello comunitario e si è concretizzata con l’emanazione del recente Regolamento Ce 479/2008 e della successiva proposta di regolamento del Consiglio del 29 luglio 2008. Tali provvedimenti rappresentano l’inizio del processo di riforma che si dovrebbe concludere nei prossimi mesi, con l’emanazione di un nuovo regolamento attuativo.
La riforma presenta almeno due problematiche che dovrebbero, a nostro parere, essere affrontate nell’ambito del prossimo Regolamento di attuazione. Il primo è il meccanismo di attribuzione delle denominazioni che in futuro verrà gestito dalla Commissione europea, previa indagine di conformità da parte delle autorità nazionali. (6) Il meccanismo, burocratico e macchinoso, rischia di rallentare la procedura di assegnazione di nuove denominazioni, attribuendo il potere finale a istituzioni sovranazionali che non conoscono la realtà del territorio. È bene sottolineare che in nessun altro settore (energia, poste, comunicazioni elettroniche, media) ci si è spinti tanto in là da prefigurare un pressoché completo accentramento delle decisioni regolamentari in capo alla Commissione europea, come avverrà invece nel caso dei prodotti alimentari.
Il secondo problema riguarda la futura struttura piramidale della reputazione, che rischia di appiattirsi considerevolmente. Mentre, infatti, l’attuale struttura prevede quattro livelli di qualità con differenze piuttosto marcate (figura 1a), il nuovo sistema ne prevede solamente tre (figura 1b): Vdt (vini da tavola), Igp (indicazione geografica protetta) e Dop (denominazione di origine protetta). Nonostante le assonanze tra le nuove e le vecchie denominazioni, il cambiamento è radicale: Docg e Doc saranno accorpate e ricomprese nelle Dop, con un appiattimento dei segnali per i consumatori che si collocano nella fascia alta del mercato, anche se in una prima fase Docg/Doc e Igt si affiancheranno ai marchi Dop e Igp. A differenza di quanto avviene oggi, inoltre, le differenze tra Dop e Igp saranno minime. (7)
Infine, per quanto riguarda la fascia bassa del mercato, i Vdt potranno riportare in etichetta il nome del vitigno e l’anno della vendemmia, informazioni oggi proibite per questa categoria di vino.
In sostanza, invece di andare verso un sistema di denominazione più fine, sul modello di alcune storiche denominazioni francesi che identificano categorie qualitative gerarchicamente ordinate di terreni, l’Europa sta procedendo in direzione opposta, verso un sistema meno selettivo, che lascerà sempre più spazio alle risposte strategiche individuali dei grandi gruppi internazionali e sempre meno a forme collettive e istituzionali di reputazione, con un danno sostanziale per il nostro tessuto produttivo.
In un momento in cui si discute dei modi per il rilancio della nostra economia, sarebbe forse opportuno iniziare a migliorare, o almeno a non rovinare, ciò che già funziona, anche se in modo imperfetto.
Tanti Saluti. Giorgino