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| Titolo: IL LATO OSCURO DEL PIANO CASA Mar Mar 24, 2009 4:27 pm | |
| di Andrea Boitani 24.03.2009 Il piano casa del governo è un’idea politicamente astuta. Il messaggio che invia agli elettori è semplice e chiaro: il governo vuole liberarvi dai mille lacci di una legislazione super-vincolistica, che vi impedisce di ampliare e abbellire le vostre ville, villule e villoni con vista mare, monti, lago, o anche solo di rialzare e protuberare i vostri appartamenti con vista sulla palazzina di fronte (quei rompiscatole del condominio permettendo). E così, in un solo colpo, il governo vi libererà da geometri e funzionari comunali che, per chiudere uno o due occhi su vincoli, codici e codicilli, vi spillano soldi che potrebbero meglio servire, che so, a tirar su una torricella pseudo-senese, o anche solo una verandina, che proprio non ci sta più niente in casa nostra, signora mia! C’è anche un’astuzia economica: incentivare (con gli aumenti di cubatura e superficie) a mobilizzare le risorse finanziarie "oziose" di chi la crisi ha risparmiato e forse risparmierà. Insomma, un tentativo, senza costi per la finanza pubblica, di solleticare i sopiti animal spirits degli italiani. Il rovescio della medaglia purtroppo c’è. L’Italia ha una lunga tradizione di abusivismo edilizio e, con ciò, ha già intaccato il suo preziosissimo patrimonio paesaggistico e urbano (si dice che il Serruchón, descritto da Carlo Emilio Gadda sia in realtà, sia la Brianza). Ma l’Italia ha anche una consolidata tradizione di evasione fiscale, di lavoro nero e di gravi infortuni sul lavoro, specialmente – guarda caso – nel settore dell’edilizia “semi-domestica” e nelle attività connesse (idraulica, impiantistica elettrica, carpenteria metallica e falegnameria). Il rischio, allora, è che il “piano casa” contribuisca a far rampare i vecchi spiriti bestiali della semi-legalità, senza avere grande impatto sul Pil misurato e misurabile (e quindi sulle entrate fiscali). Lascio ad altri il commento sull’efficacia macroeconomica del piano. La sua filosofia sembra essere che, per uscire dalla crisi, serve che i soldi circolino in qualunque modo, mentre elevare la cultura e la pratica della legalità è un lusso per anime belle e tempi migliori. Ma c’è anche un serio rischio di lungo periodo: impoverire ancora una delle principali fonti di reddito futuro del Paese, cioè il turismo (che oggi rappresenta circa l’8% del Pil) e che già soffre sempre più la concorrenza di paesi più attenti a difendere il loro (assai meno ricco) patrimonio artistico e paesistico. Perché, a crisi finita, i turisti dovrebbero riprendere a venire in Italia a frotte se avremo ulteriormente rovinato le nostre città, i nostri borghi, le nostre campagne? … Di ville, di ville! | |
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