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 Pena di morte: il primato spetta alla Cina

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Giorgino

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Pena di morte: il primato spetta alla Cina Empty
MessaggioTitolo: Pena di morte: il primato spetta alla Cina   Pena di morte: il primato spetta alla Cina Icon_minitimeDom Mar 29, 2009 2:47 pm

Parlando di pena capitale, la prima cosa che viene in mente sono le campagne di sensibilizzazione ed i lunghi discorsi che vengono fatti dalle più grandi organizzazioni umanitarie per puntare il dito contro gli Stati Uniti. Ma pensandoci un po' meglio, dati alla mano, e con fonti Amnesty International ci si può rendere conto del fatto che il fenomeno è principalmente asiatico: un'ulteriore riprova di come valori fondanti della società occidentale fronteggino il sempre occidentale relativismo, e di come questa dicotomia ponga l'Occidente in una posizione incerta nei confronti del resto del mondo.

Per la precisione, nel 2008 le pene capitali eseguite in tutto il globo sono state 2390 (ovviamente quelle ufficiali, su un totale di 8864, considerando quelle non ancora eseguite): il 93% delle quali in soli cinque paesi. Il triste primato spetta, e non è una sorpresa, alla Repubblica Popolare Cinese, l'autoritarismo comunista-capitalista più osservato da tutti gli analisti e meno criticato dai politici (addirittura Hillary Clinton ha di recente omesso, nei colloqui, di far riferimento alle continue violazioni dei diritti umani che il Partito continua a mettere in atto): 1718 uccisi, quasi tre quarti delle esecuzioni totali del mondo.

Per fare una macabra classifica, il secondo posto spetta all'Iran con 346 esecuzioni, il terzo all'Arabia Saudita con 102, il quarto con 37 esecuzioni finalmente ci mostra a che punto sono gli Stati Uniti, ed il quinto è il Pakistan, con 36 morti.

La situazione asiatica si rileva essere la più calda, e nello specifico i paesi che prevedono ancora l'esecuzione capitale nel loro sistema giuridico-giudiziario hanno comminato un totale di 1838 condanne. Sono undici paesi: Pakistan, Vietnam, Afghanistan, Corea del Nord, Giappone, Indonesia e Bangladesh.

Una particolarità riguarda il Giappone, che dal 1975 ha eseguito il numero più alto di condanne a morte: 15. Ma le notizie non sono tutte cattive: dopo l'adozione da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite delle due risoluzioni del 2007 e del 2008 promosse e sponsorizzate dalla diplomazia italiana per una moratoria della pena capitale «il mondo si è ancora più avvicinato al traguardo dell'abolizione» e dei 59 Paesi che mantengono la pena di morte come pena del loro ordinamento, sono 25 quelli ad averla messa in atto.

Per continuare la panoramica dei continenti, l'Africa si colloca in una posizione simile a quella dell'Asia, se non per i numeri per la crudeltà dei metodi: impiccagioni e lapidazioni come in Iran, con condanne anche a minorenni al momento della commissione del reato (otto in tutto, sempre in Iran) per un totale sul bacino del Mediterraneo di 508 e nella parte Sub-Sahariana almeno 362 (anche se solo 2 confermate da dati ufficiali).

L'America, al contempo, vede «ufficialmente» i soli Stati Uniti andare avanti nella pratica, mentre non si parla delle esecuzioni sommarie che possono esserci in America Latina, Cuba e America Centrale.

Infine, neppure l'Europa può dirsi libera da questa macchia nella propria tutela ai diritti umani: perdura in Bielorussia la dittatura più vicina ai nostri confini che sia palesemente tale (e non provi neanche a mascherarsi) e per quanto il regime si impegni principalmente nel bloccare qualsiasi diffusione di notizie all'esterno è risaputo che vengano eseguite pene capitali nell'ex Stato sovietico. Un'azione online «Ending executions in Europe: Towards abolition of the death penalty in Belarus» è un tentativo di sensibilizzazione in questo senso, che potrebbe porre l'Europa nella situazione di zona «libera» dall'omicidio di Stato.

Tuttavia, nonostante le pressioni dell'Onu e dell'opinione pubblica internazionale, è difficile prevedere una diminuzione dell'utilizzo di questo strumento laddove la libertà è ritenuta meno importante: la Cina resta la nazione maggiormente preoccupante anche sotto questo punto di vista.


di Giovanni Vagnone
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