Giorgino
| Titolo: Presidente del popolo. Lun Mag 25, 2009 3:56 pm | |
| RICCARDO BARENGHI Bastava guardare la sua faccia ieri allo stadio per capire che Silvio Berlusconi è preoccupato, preoccupatissimo: l’espressione cupa, i lineamenti tesi, mai un sorriso. E non certo perché il suo Milan ha perso. È preoccupato, il premier, per almeno tre o quattro ragioni. La crisi economica che comincia a far sentire i suoi effetti e non gli permette più di ostentare il suo proverbiale ottimismo; la sentenza Mills che se non ci fosse il Lodo Alfano lo avrebbe condannato per corruzione; il caso Noemi che ogni giorno si arricchisce di nuovi particolari che dimostrano come Berlusconi non abbia detto finora la verità su questa strana amicizia. Infine i sondaggi, suo oracolo, che certamente lo premiano, però, forse, non esattamente come si aspettava. Dunque ha tutte le ragioni per essere preoccupato, tanto più ora che anche l’opposizione politica sembra essersi svegliata e gli chiede conto delle sue contraddizioni sul caso Noemi. E allora che fa, che si inventa per uscire da una situazione di difficoltà? Una delle sue mosse «geniali», politicamente azzeccate, spiazzanti, popolari e populiste. Magari si tratta dell’ennesimo annuncio al quale poi non seguirà nulla di fatto, ma intanto è un annuncio che rischia di tornargli molto utile, nell’immagine e soprattutto nelle urne delle elezioni europee. L’idea di raccogliere «milioni di firme» per portare in Parlamento una legge che riduca drasticamente il numero di deputati e senatori non è una qualsiasi proposta di riforma costituzionale come ce ne sono state tante negli ultimi dodici anni, che tra l’altro prevedevano più o meno lo stesso risultato. Si tratta, nelle sua sostanza e nelle intenzioni di Berlusconi, di ben altro: ossia di mettere il «popolo» contro la Casta, di mobilitare i cittadini contro i loro rappresentanti visti - anzi malvisti - come politicanti, burocrati, funzionari che non fanno nulla dalla mattina alla sera ma guadagnano migliaia di euro al mese pagati dai cittadini stessi. Ed è lui che li mobilita, è lui che dà loro il potere di cambiare le regole del gioco, di mandare a casa questa gente che perde tempo a discutere e non (gli) consente di «fare», che alla fine dei conti «ruba» i loro soldi. Un modo furbo - diciamo anche intelligente, seppur molto pericoloso per la democrazia che è stata costruita in Italia - per diventare nei fatti il Presidente del popolo senza però averne mai avuto l’investitura diretta. Già un mese fa, in occasione del 25 aprile, si era capito come il suo disegno (e lo avevamo notato su questo giornale) fosse quello di cambiare nei fatti la Costituzione, a colpi di risultati elettorali sempre più plebiscitari, diventando così il vero e unico rappresentante del popolo. E non importa se c’è ancora un Capo dello Stato eletto dal Parlamento con le «vecchie» regole costituzionali. Importa il rapporto diretto tra lui e quella che una volta chiamava la gente, importa che lui sia riconosciuto come colui che a questa gente dà voce e risposte, che porta - o fa finta di portare - le sue esigenze nel Palazzo della politica, anche a costo di cambiarne i connotati e minarne le fondamenta. E cosa c’è di più efficace, di più funzionale a questo disegno, se non far firmare ai cittadini una legge che permetta loro di punire la tanto odiata Casta? Cosa c’è di più ostico, per l’opposizione, di una iniziativa popolare che la mette nell’angolo, costringendola a schierarsi senza via di mezzo: o sta con il popolo o difende la Casta, diventando vieppiù impopolare. Non c’è niente di meglio, non un buon risultato elettorale, che comunque troverà ossigeno da questa iniziativa, né un discorso televisivo o parlamentare che sia. È l’apice del populismo berlusconiano. E che sarà sempre più difficile da combattere, tanto che ormai molti sperano solo che scivoli sulla buccia di banana che si chiama Noemi Letizia. Ma anche se - ipotesi peraltro molto improbabile - Berlusconi dovesse subire un colpo durissimo a causa dei suoi vizi privati, per quanto orrendi questi vizi possano essere, l’opposizione potrà anche segnare un punto a suo favore. Ma non sarà certo una vittoria delle sue idee, del suo programma, insomma della sua politica. La maggioranza della gente, ed è questa la fotografia del nostro paese, si schiererebbe comunque con lui: il proprio leader. | |
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