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Un piccolo Berlusconi. Ha la pubblicità, i giornali, la squadra di calcio, i libri. Gli mancano i palazzi, le televisioni, le assicurazioni. Cominciò proprio con Berlusconi, come suo assistente personale, giovanissimo. Oggi è già arrivato al secondo posto fra i settimanali. Quasi due milioni di copie con Di più, Di più TV e Diva e Donna, conquistate scippando Sandro Mayer alla Rusconi e Silvana Giacobini alla Mondadori. Una vecchia definizione di Urbano Cairo: "Un ragazzo pieno di sogni".
Tuttora ragazzo pieno di sogni?
"Ragazzo meno. Gli anni passano. Sogni sempre tanti. Ma sono un sognatore razionale. Con i piedi per terra".
Sognava di prendere il Torino e ci è riuscito.
"Ma non sogno di prendere il Real Madrid".
Sognava di fare un femminile e l'ha fatto.
"E adesso sogno il quotidiano popolare e il newsmagazine. E spero di farcela".
Ha mai avuto paura di non farcela?
"Quando mi sono messo in proprio non avevo nemmeno gli uffici, nemmeno una segretaria. Ho fatto il contratto con la Rizzoli, che mi dette la concessione della pubblicità di Io donna, Oggi e Tv7, ma non avevo un solo collaboratore, ricevevo la gente al Sant'Ambroeus. Ero solo. Stampai un biglietto da visita tutto rosso con il mio logo, un occhio, e misi un annuncio sul Corriere della Sera: "Cerco in tutt'Italia i cento migliori agenti per formare il nostro dream team"".
Un occhio come logo?
"Agli occhi do molta importanza. Dagli occhi di una persona io capisco molto".
Berlusconi diceva gli occhi di Cairo emanano bollicine di intelligenza…
"Lo disse a Montanelli. Il quale gli rispose: "Se segue i tuoi ritmi le bollicine scompariranno"".
L'occhio ricorda il quotidiano popolare di Costanzo. Un occhio massonico.
"Io non sono massone. Il mio è un occhio buono, un occhio che guarda in un modo positivo".
Insomma aveva paura?
"No, non ho avuto paura nemmeno in quei primi venti giorni in cui facevo fatica a mettere insieme la squadra perché alcuni non avevano il coraggio di seguirmi. A quelli che venivano a lavorare con me dicevo: "In cinque anni faremo una grande concessionaria multimediale da mille miliardi di lire"".
Mille miliardi: non ce l'ha fatta.
"Siamo a 420 miliardi e il prossimo anno saranno 550. Non è cosa piccola. Vuol dire essere in Italia i secondi editori di settimanali e l'ottava concessionaria. Ma il valore dei mille miliardi, se vuole, l'abbiamo raggiunto: è stato il valore che la Borsa ci ha riconosciuto nella quotazione dell'anno 2000, circa 500 milioni di euro".
Le azioni sono scese. Chi ha comprato le Cairo a 65 e adesso se le trova a 47 non ha fatto un grande affare…
"Oggi valiamo circa 350 milioni. Abbiamo perso il 30% a seguito del crollo della borsa. Ma Mediaset, Mondadori, L'Espresso, rispetto a quando io mi sono quotato, hanno perso di più. Mediaset valeva 18 euro per azione, oggi la metà".
Quando la paragonano al Cavaliere, il cavalierino, il berluschino, si diverte o si secca?
"Direi che mi diverte. Però aggiungo che per lui è stato più facile, non aveva un altro Berlusconi come concorrente".
Entrambi nella pubblicità, entrambi nel calcio, entrambi due matrimoni… Per quanto riguarda lei, il primo con Tove Hornelius e l'altro con Anna Cataldi.
"Qui, ahimè, sono avanti io… due matrimoni e uno prossimo venturo con Mali Pelandini, madre di due dei miei tre figli".
Entrambi avete avuto problemi con i falsi in bilancio.
"Io di falsi in bilancio non ne ho mai fatti".
Però ha patteggiato.
"Ritenevo fosse la cosa più giusta pur non avendo fatto nulla".
Si patteggia da innocenti?
"Patteggiando non ammetti la colpa. Ti limiti ad uscire da una situazione".
Se ne esce anche con l'assoluzione.
"L'ho fatto perché cominciavo la mia nuova attività. Non potevo portarmi dietro fardelli".
I giudici le imputarono false fatturazioni per creare fondi neri in Publitalia.
"Avevo fatturato con una mia società i miei premi di produzione".
Quattro miliardi di premi?
"L'arco temporale era abbastanza lungo, credo che andasse dal 1985 al 1993".
Tanti soldi lo stesso.
"Avevo ottenuto risultati eccezionali".
Il patteggiamento innervosì Publitalia. E causò il suo allontanamento dal gruppo berlusconiano che aveva scelto la linea dura contro le accuse.
"Ognuno deve scegliere per sé quello che ritiene meglio. In ogni caso il rapporto era ormai logorato. Avevo portato la Mondadori Pubblicità da 390 miliardi a quasi 500 mentre il mercato scendeva, conquistando otto punti di quota di mercato in più. E nessuno che mi dicesse bravo. Così ho preso atto che il mio tempo era scaduto".
Se lei fosse rimasto con Berlusconi…
"Se io fossi rimasto con Berlusconi?".
Oggi sarebbe senatore, presidente di commissione, capogruppo parlamentare…
"Non erano i miei obiettivi. Io volevo fare qualcosa in cui fossi il dominus, quello che decideva".
Mi racconti la storia vera del suo periodo alla pubblicità Mondadori.
"Dell'Utri voleva che la Mondadori fosse più sinergica a Publitalia nella raccolta pubblicitaria. Io mi opponevo perché volevo dare un'identità forte all'azienda. Per quattro anni ho difeso questa autonomia contro Marcello".
Dell'Utri pensava che lei fosse troppo intraprendente. L'accusava di avere un rapporto diretto con Berlusconi…
"A volte ci sono delle ombre totalmente ingiustificate".
Il suo capo alla Mondadori era Franco Tatò.
"Che non mi difese per niente. Eppure la pubblicità gli aveva portato grandi risultati. Lui non lo riconobbe mai. Pensava solo a trovare i difetti e ignorava i meriti. Era difficile avere un rapporto positivo con lui. E non ero il solo".
Tatò è reputato un bravissimo manager.
"È bravissimo nel controllare la gestione. Riesce a fare in modo che i costi si contengano".
Obbligava tutti ad usare due volte la carta del fax.
"Le dirò una cosa. Quando ho preso la Giorgio Mondadori, fatturava 50 miliardi e ne perdeva dieci. L'ho risanata con il controllo dei costi, quello che ho imparato da Tatò. Ma un'azienda puoi risanarla quanto vuoi. Se non sviluppi i ricavi non vai da nessuna parte. Su questo aspetto Tatò non è bravo per niente".
Alla fine…
"Le dico il motivo per cui sono uscito. Un giorno Tatò mi chiama e dice: "Ho parlato di te con Berlusconi. Abbiamo deciso che sei la persona perfetta per guidare le nuove Pagine Utili". Ed io: "Benissimo, mi fa molto piacere che tu abbia parlato con Berlusconi di me. Ma voglio il 50 per cento di questa nuova società"".
Una maniera elegante per mandarlo a quel paese.
"Una maniera per dirgli che dopo quattro anni di successi non poteva trattarmi come un pacco postale".
Risultato?
"Dopo due mesi mi hanno sostituito. E io me ne sono andato. Non avevo nemmeno la macchina perché la Mondadori se la riprese".
Ma aveva un bel pacco di soldi…
"Neanche tanti".
Quantifichiamo?
"Due anni di stipendio. Il mio stipendio era 400 milioni, più altri 200 di incentivi. Quindi un miliardo e duecento milioni. Lordi".
Lordi. Con quelli ha fondato la Cairo Pubblicità?
"Con quelli e con alcuni risparmi che avevo".
Aveva anche i famosi quattro miliardi…
"Sui quali avevo pagato le tasse del 35 per cento".
Vogliamo parlare un po' della sua vita?
"Milanese di origini alessandrine. Mio nonno e mio zio facevano gli agricoltori. Io da bambino andavo da loro a raccogliere le barbabietole. Mi divertivo, mi davo da fare".
Studi?
"Liceo scientifico, laurea alla Bocconi".
Il mito registra la sua telefonata a Berlusconi.
"Mi rispose la segretaria".
Dove aveva trovato il numero?
"Sull'elenco del telefono. Edilnord. 8880. Un centralone. "Mi passa il dott. Berlusconi?". Mi passano la segretaria. "Signora buongiorno, sono uno studente della Bocconi, vorrei parlare col dott. Berlusconi". "Se vuol dire a me io riferisco senz'altro". "No, guardi, vorrei parlare con lui, richiamerò". Metto giù e ci ripenso. Due ore dopo richiamo. Di nuovo la segretaria. "Signora, sono sempre io. Ho due idee eccezionali che vorrei spiegare al dottor Berlusconi. Se lei non mi permette di parlare con lui, lei rischia davvero di fargli un danno"".
Funzionò?
"Mi fissò un appuntamento con Dell'Utri. E poi con Berlusconi".
Quali erano le due idee?
"L'interconnessione e l'informazione".
Berlusconi che cosa disse?
"Che quelle idee le aveva già avute lui".
E poi?
"Aveva bisogno di una persona che gli stesse vicino. "Mi piaci, sei sveglio. Vieni qua domani mattina a fare il mio assistente"".
Assistente di Berlusconi come primo impiego, mica male.
"Lui diceva che ero aspirante assistente, tanto per prendermi un po' per il culo…".
Chi c'era allora attorno a Berlusconi?
"La mitica Marinella, Dell'Utri, Confalonieri, Ennio Doris, Bernasconi, Carlo Freccero, Foscale, Paolo Berlusconi. È stato un periodo bello, di grande sviluppo. Mi colpiva la naturalezza con cui Berlusconi realizzava cose molto difficili. Ma allo stesso tempo mi deprimeva. Lui a rifare il mondo e io a prendere telefonate. Dopo tre anni mi venne la voglia di provare se ero capace anche io".
Il suo primo stipendio da Berlusconi?
"Per sei mesi niente. Poi un milione lordo al mese".
Lei non è famoso per avere buoni rapporti sul lavoro. La chiamavano "squalo".
"È la prima volta che lo sento. Ma è vero che avevo qualche dissidio con alcuni colleghi. In realtà era sana competizione".
Si dice che avesse metodi un po' militareschi, che tenesse uniti i suoi col terrore.
"Ero giovane. Ho cominciato ad avere responsabilità di uomini a trent'anni. Ero esigente. Dovevo fornire dei risultati".
Ha una prova che non è uno squalo?
"Ho comprato la Giorgio Mondadori nel febbraio del 1999. Un'azienda con 143 dipendenti che perdeva 10 miliardi su 50 di fatturato e aveva 42 miliardi di debiti. Tutti mi dicevano: "Dimezza il personale". Io non ho mandato via nessuno tranne un paio di dirigenti. E l'azienda oggi è risanata. Uno squalo avrebbe cacciato 70 dipendenti".
Stava per comprare Libero poi non l'ha più fatto. È pentito?
"Ho fatto altre cose. Feltri è un bravo direttore ma non condivido la linea politica del giornale". È difficile fare l'editore di un giornale di cui non si condivide la linea".
Eppure lei ha la passione del giornale popolare.
"Libero non è un vero popolare in quanto ha troppa politica. Per questo sta sotto le centomila copie. Io ne vorreei almeno 300 mila".
Chi sono i grandi della pubblicità?
"Adreani, certamente, capo di Publitalia. Un altro molto bravo è un imprenditore, Alfredo Bernardini De Pace, un piccolo-grande. E Flavio Biondi. È riuscito a tenere in mano le redini della Rizzoli anche in momenti difficili".
Lei come si pone nei confronti dell'adulazione?
"L'adulazione servile mi dà fastidio. Ma se è fatta con un po' di ironia, mi fa piacere".
I suoi difetti.
"Sono impaziente e disordinato".
L'errore della sua vita.
"Dovevo cominciare a fare l'imprenditore cinque anni prima".
La televisione che non le piace.
"Quella urlata. Quella delle liti. Quella della violenza".
Berlusconi perderà le elezioni?
"In questo momento in Italia c'è bisogno di un forte segnale di cambiamento".
Che cosa farà Berlusconi in caso di sconfitta?
"Dipende da come sarà questa sconfitta, se ci sarà. Io credo che continuerebbe la sua attività politica".
Berlusconi soffre all'opposizione…
"È vero, però nei cinque anni in cui era all'opposizione se l'è cavata bene".
Chi sono i politici che le piacciono di più?
"Ciampi è una figura di grande positività. Sta salendo molto Casini. Prodi ha fatto bene quando è stato primo ministro. Fassino è una persona molto onesta ed equilibrata. Rutelli ha freschezza di pensiero, dinamismo e capacità di sparigliare".
E Berlusconi politico?
"Con grande entusiasmo voleva dare una sterzata al Paese. Ma conoscendolo posso dire che non è soddisfatto nemmeno lui dei risultati".
Per chi voterà?
"Questo preferisco non dirlo".
Per chi ha votato la prima volta?
"Il primo voto l'ho dato alla Dc, nel '75, quando c'era Zaccagnini. Poi ho cambiato. Non ho mai votato per il Msi o per la Lega".
Forza Italia?
"L'ho votata nel '94".
Il calcio.
"Già nel 1999 volevo acquistare il Torino, ma la cosa era troppo costosa per me. Non me lo potevo permettere".
Quanto costa comprare una squadra?
"Per adesso ci ho messo dentro dieci milioni di euro".
Tutti i presidenti del calcio dicono che si sacrificano perché amano la città. In realtà ci guadagnano…
"Non è vero. È molto difficile guadagnare. Quest'anno, purtroppo io perderò almeno cinque milioni di euro".
Ci sono ritorni diversi…
"La notorietà. Ma è un fattore a rischio".
E allora perché lo fa? È un filantropo?
"Lo faccio perché in famiglia siamo tutti granata. Perché me l'ha chiesto il sindaco. Perché sento il calore dei tifosi. Tutti noi abbiamo il bisogno primario di essere amati. Sentire che la gente ti vuole bene è una cosa magnifica".
Adesso si sente amato?
"Molto. L'affetto dei tifosi è una cosa che scalda".
Programmiamo i sogni: quando andrete in A? Quando vincerete lo scudetto?
"In A prestissimo".
Lo scudetto?
"Non mi pongo limiti. Anche se i divari economici con le tre granndi sono incolmabili".
Il pareggio economico?
"Non lo vedo facilissimo. Il pareggio economico è nemico della vittoria sportiva. I giocatori guadagnano cifre enormi che a volte non hanno correlazione con quello che fanno. I soldi li pigliano anche se non giocano e se non segnano. Così si mette a rischio il sistema calcio. Spero capiscano che il loro diritto a guadagnare molto equivale a quello dei presidenti a non perdere troppo".
Qual è lo stipendio più alto che pagherà quest'anno?
"Stellone. Centinaia di migliaia di euro".
Tipo 500 mila euro?
"Diciamo anche di più".
Berlusconi dice che le sue televisioni sono piene di comunisti. Anche la sua casa editrice è un covo di rossi?
"Non lo so. E non ne importa niente. Questo è un difetto di Berlusconi. Da un imprenditore moderno come lui mi sarei aspettato modernità anche in politica. Che senso hanno tutte queste polemiche sui comunisti visto che i comunisti non ci sono più? Se vuoi governare bene non puoi limitarti al tuo 50 per cento. Devi cercare di essere super partes. Avere una mentalità aperta. Ma a lui, in questo è mancato lo slancio. Invece di respingere i comunisti, doveva attrarli".
Quante persone ha sentito per il quotidiano popolare?
"Almeno venti, compreso Mentana".
Ce n'è uno che si avvicinava di più al suo ideale?
"Pietro Calabrese".
Gioco della torre, uno solo: Mayer o Giacobini?
"Non risponderò mai. Rientrano nella categoria degli imbuttabili".